MILANO – Piccolo Teatro Studio Melato (Via Rivoli, 6 – M2 Lanza), dal 3 all’8 maggio 2016
I giganti della montagna
di Luigi Pirandello, adattamento e regia Roberto Latini
con Roberto Latini
musiche e suoni Gianluca Misiti, luci Max Mugnai, video Barbara Weigel
elementi di scena Silvano Santinelli, Luca Baldini, movimenti di scena Marco Mencacci, Federico Lepri
produzione Fortebraccio Teatro
in collaborazione con Armunia Festival Costa degli Etruschi,
Festival Orizzonti/Fondazione Orizzonti d’Arte, Emilia Romagna Teatro Fondazione
Arriva al Piccolo Teatro Studio, dal 3 all’8 maggio, “I giganti della montagna” di Luigi Pirandello, adattato e diretto da Roberto Latini, unico interprete sul palco.
Rappresentato postumo nel 1937, è l’ultimo dei capolavori pirandelliani ed è incompleto.
La vicenda è quella di una compagnia di attori che giunge nelle sue peregrinazioni, in un tempo e luogo indeterminati, al limite tra la favola e la realtà, alla Villa detta “la Scalogna”, abitata da inquietanti personaggi e da una specie di mago che, come Prospero nella Tempesta shakespeariana, è in grado di creare illusioni e fantasie.
Spiega il regista: “Trovo perfetto per Pirandello e per il Novecento che il lascito ultimo di un autore così fondamentale per il contemporaneo sia senza conclusione e infatti vorrei rimanere il più possibile nell’indefinito, accogliere il movimento interno al testo e portarlo sul ciglio di un finale sospeso tra il senso e l’impossibilità della sua rappresentazione”.
“I Giganti della Montagna”, continua Latini, “è un classico che penso si possa permettere ormai il lusso di destinarsi ad altro possibile. Dopo le bellissime messe in scena che grandi registi e attori del nostro Teatro recente e contemporaneo ci hanno già regalato, penso ci sia l’occasione di non resistere ad altre tentazioni. Voglio immaginare tutta l’immaginazione che posso per muovere dalle parole di Pirandello verso un limite che non conosco. Portarle ‘al di fuori di tempo e spazio’, come indicato nella prima didascalia, toglierle ai personaggi e alle loro sfumature, ai caratteri, ai meccanismi dialogici, sperando possano portarmi ad altro, altro che non so, altro, oltre tutto quello che può sembrare.
Se i limiti del mio linguaggio sono i limiti del mio mondo, per andare appena oltre, per provarci almeno, devo muovere proprio da quelli”.