Da lunedì 7 a domenica 20 dicembre 2015 – al Teatro della Cooperativa di Milano
produzione Teatro della Cooperativa
IL CARNEVALE DEI TRUFFATI
di Piero Colaprico – collaborazione drammaturgica Renato Sarti, Bebo Storti
con Renato Sarti nel ruolo di Giuseppe Pinelli, Bebo Storti nel ruolo di Luigi Calabresi e in video Paolo Rossi nel ruolo di Dio
regia Renato Sarti
scene e costumi Carlo Sala
si ringraziano Agenzia Fotogramma e Agenzia Giancarlo De Bellis
Stagione “Cavalli di Battaglia”
Un dio sui generis, anticonvenzionale e beffardo, decide di rispedire il Commissario Calabresi e l’anarchico Pinelli, che per uno scherzo del destino si ritrovano a camminare fianco a fianco nell’aldilà, nella Milano dei nostri giorni. Il risultato? Riflessioni tragicomiche su “chi eravamo” e su come sia stato possibile cadere così in basso.
Protagonisti sono Bebo Storti nel ruolo di Luigi Calabresi, Renato Sarti in quello di Giuseppe Pinelli e Paolo Rossi, in video, nel ruolo di Dio. Il testo è di Piero Colaprico, giornalista e inviato speciale di Repubblica, autore di saggi e romanzi, che per il teatro ha già scritto il fortunato “Qui città di M”.
Il destino può riservare strani incontri, come quello tra il commissario Luigi Calabresi e l’anarchico Giuseppe Pinelli, che nell’aldilà si trovano a camminare fianco a fianco. Un confronto surreale e grottesco a cui si aggiungono le voci, ora amare ora rassegnate, di altre vittime del terrorismo e della lotta armata.
Lo scenario cambia quando improvvisamente irrompe sulla scena, attraverso un singolare collegamento video, un dio ironico e anticonvenzionale, un vero e proprio deus ex machina impersonato da Paolo Rossi, che decide di rispedire questa strana coppia sulla terra, ai giorni nostri, a Milano.
I due vengono così a conoscenza di tutto ciò che è successo dalla loro morte, dal crollo del muro di Berlino all’avvento di Internet, dagli attacchi alle torri gemelle alla primavera araba; ma è soprattutto l’Italia di Silvio Berlusconi a stimolare le loro tragicomiche riflessioni su “chi eravamo” e su come sia stato possibile ritrovarsi in un mondo dove le barzellette sembrano contare più dei discorsi e dei valori.
Quando la giustizia non compie il suo corso, per nemesi storica, rimangono delle voragini che verranno inevitabilmente colmate in un modo non consono. A distanza di decenni le tante stragi italiane avvolte nel mistero – da Portella della Ginestra a piazza Fontana e piazza della Loggia, dall’Italicus a Ustica – creano reazioni forti, come se fossero avvenute ieri, tra chi le conosce e le ha patite. Sono piaghe sempre aperte, stigmate, che forse trovano alimento all’interno delle lacerazioni che ancora dominano il paese.
Mettere in scena un testo che ha per protagonisti personaggi come Pinelli e Calabresi fa tremare le vene ai polsi. Riteniamo però che sia necessario, non solo per dare spazio a ricordi che uniscono o dividono, non solo perché le loro tragedie reali mescolano da sempre umanità e politica, rancori e amori, ma perché siamo stanchi di finzioni e maschere al di fuori del teatro. Anzi, nell’ultimo ventennio è diventata più forte l’esigenza di un teatro che possa narrare la memoria diventata storia, e non abbiamo alcuna nostalgia (tutt’altro) di un periodo in cui lo scontro politico sconfinava nell’inconfessabile. Abbiamo soltanto cercato, anche attraverso il sorriso e i colpi di scena, di stabilire un contatto diretto fra quel passato, che troppi ignorano, o hanno dimenticato, o fingono di dimenticare, e questo presente che, anche se non lascia scie di morti, tra arroganza, mancanza di prospettive, rischia di fare male lo stesso, seminando indolenza e nichilismo.