5 giugno – 11 giugno 2017 | Residenza Urbana Progetto TLLT
ALFREDINO – L’ITALIA IN FONDO AL POZZO
di e con Fabio Banfo
regia di Serena Piazza
produzione Effetto Morgana
organizzazione Greta Pelizzari
PRIMA NAZIONALE
DOIT FESTIVAL 2017, ROMA
Premio Migior Spettacolo e Miglior Drammaturgia
CRONACA ITAIANA: LA TRAGEDIA DEL BIMBO CADUTO NEL POZZO DI VERMICINO E LA NASCITA DELLA TV DEL DOLORE
Lo spettacolo racconta le ultime 36 ore di vita del piccolo Alfredo Rampi, precipitato a 30 metri di profondità nel pozzo di Vermicino e dei successivi quanto inutili tentativi di salvarlo.
Ma racconta anche della nascita del primo grande evento mediatico di massa, che ha tenuto incollati al piccolo schermo milioni di spettatori per tre giorni.
Era il 1981 e quella prima diretta no-stop presto si trasformò in un partecipazione collettiva che avrebbe dovuto documentare una storia a lieto fine e che invece ha segnato uno shock emotivo nazionale. Una storia che assomiglia a mille altre storie italiane, fatta di improvvisazione, approssimazione, coraggio, cialtroneria, conflitti tra poteri, politica e vanità. Protagonisti macchiette, nani, acrobati, eroi, mezzibusti, politici; come se quel pozzo avesse risucchiato l’intero Paese per risputarlo fuori sempre uguale a se stesso eppure irrimediabilmente mutato.
Per molti dei commentatori dell’epoca quell’evento segnò un punto di non ritorno.
Nasceva in quegli anni la Tv privata e si realizzava quel mutamento antropologico, profetizzato da Pasolini. Eppure, in questo monologo per solo attore/narratore c’è spazio sia per la denuncia sociale e politica sia per cammei di autentica umanità. Sono il vigile, che ha cercato di rassicurare il bambino per lunghissime ore, descrivendogli le trivelle che scavavano il pozzo parallelo attraverso cui avrebbero dovuto salvarlo come fossero i “magli” di Goldrake o Mazinga, o il minuto ma caparbio speleologo sardo che rimase per 40 minuti a testa in giù, a 60 metri di profondità, nel pur vano tentativo di imbracare il piccolo e salvarlo. Ma il personaggio centrale è certo Alfredino, quel bambino perduto, come fosse l’anima dell’Italia inghiottita dal buio e per sempre incastonato come un diamante nel blocco di ghiaccio azotato, in cui ne fu conservato il corpo, prima di poterlo recuperare.