ATIR presenta la programmazione milanese da ottobre a dicembre 2021 (9 titoli in 7 diversi teatri), e annuncia le nuove cariche sociali.
La Direzione Artistica passa da Serena Sinigaglia ad una Direzione Artistica congiunta formata da tre soci storici della compagnia: Arianna Scommegna, Mattia Fabris (attori) e Nadia Fulco (responsabile dei progetti sociali e di territorio di ATIR).
La Presidenza dell’associazione passa da Chiara Stoppa a Matilde Facheris.
Inoltre, ATIR avvia una serie di collaborazioni con il Teatro Carcano di cui Serena Sinigaglia è diventata direttore artistico: il progetto più grande riguarda Odissea. Storia di un ritorno, progetto di teatro di comunità avviato nel 2019 che arriva finalmente al suo esito finale il 27 e 28 novembre, con un grande evento che vedrà sul palco più di 90 persone, cittadini e professionisti delle più diverse età, condizioni sociali e abilità personali, diretti da Serena Sinigaglia.
Inoltre si segnala l’iniziativa del Teatro Carcano “Veronica (dentro al Carcano in pè!)”, una visita itinerante negli spazi del Teatro Carcano su progetto della compagnia ATIR, scritto da Gabriele Scotti con la regia di Omar Nedjari.
«Lasciare la direzione artistica di un gruppo col quale sei nata, cresciuta, cambiata è una faccenda che solo a dirla ti fa tremare. Ho diretto ATIR per 25 anni, mettendoci tutto l’impegno e l’amore di cui disponevo. Sono stata madre, padre, sorella e talvolta anche figlia di questo gruppo di persone, ho fatto rinunce e sacrifici per proteggerle e farle volare. In cambio ho ricevuto il bene più prezioso che un essere umano possa ricevere, il bene che non ha prezzo e mai lo avrà, che non ha confini ma solo e sempre nuove possibilità: una famiglia, grande, sodale, allargata, una famiglia colorata e vitale fatta di amicizia e non di consanguineità. Ora so che quanto abbiamo costruito insieme non si può più rompere. Dopo venticinque anni di vita condivisa, giorno dopo giorno, la forza dei nostri rapporti è un fatto reale, palpabile, gioioso, quieto. So, dunque, che proprio adesso, adesso che siamo così solidi, il mio compito si è esaurito. Si tratta di avere il coraggio di riconoscerlo, di riconoscersi. Posso e devo abbracciare nuove sfide, affrontare ciò che ancora non conosco, portando con me quanto ho imparato in tutti questi anni. Sedersi sulle certezze, accomodarsi nella routine, chiudersi in Casa per paura di ciò che ancora non sai, abbandonarsi alla stanchezza e rinunciare non è da me e mai lo sarà. Lascio la direzione artistica di ATIR col cuore leggero, sapendo che a dirigerla ci saranno tre persone straordinarie che hanno vissuto con me ogni singolo istante di questa storia di gruppo, tre persone alle quali mi lega un’amicizia umana e artistica lunga trent’anni. Meno a cuor leggero mi butto nella nuova direzione artistica del Carcano, lì sì mi tremano un po’ le gambe, come sempre accade quando affronti qualcosa di importante per la prima volta. Ma poi mi dico: il senso della vita sta proprio nel muovere il cambiamento e farlo al momento giusto e questo è il momento giusto.
Cosa succederà, lo scoprirò col passare del tempo. Una cosa è certa: sarò sempre socia e compagna di questo gruppo e continuerò a condividere regie, progetti, visioni e soprattutto sogni, tanti sogni. L’arte dell’umano. L’umano come fonte inesauribile di bellezza. L’umanesimo come risposta alla barbarie. Prospettiva sociale e civile.
Lunga vita ad ATIR!»
Serena Sinigaglia
«Arianna Scommegna, Nadia Fulco e Mattia Fabris: ecco i nomi della nuova direzione artistica di ATIR. Questo inizio dovrebbe già raccontare molto: per farne una ce ne vogliono tre!
E come potrebbe essere diversamente? L’enorme mole di lavoro fatto da Serena, la capacità di ascolto e di intercettare le diverse istanze presenti in un gruppo così numeroso e variegato, di fare i conti con le sempre scarse economie, la visionarietà e al contempo il pragmatismo e infine l’indiscussa e innata leadership che hanno caratterizzato la direzione della Sinigaglia, non sono certo affare da poco.
Ci siamo a lungo interrogati: come e chi potrà assumere questo ruolo? La risposta alla quale siamo approdati ci sembra racconti bene ATIR e la sua multiforme natura: due degli attori storici della compagnia, Mattia Fabris e Arianna Scommegna e Nadia Fulco, cuore del grande progetto sociale e territoriale di ATIR.
Ci sembra giusto che la singolare natura di questo gruppo trovi adesso un suo riconoscimento formale: da un lato una compagine artistica forte e motivata e dall’altra un gruppo con una spiccata vocazione sociale, che ha saputo intervenire in maniera massiccia sul territorio, coinvolgere la cittadinanza e costruire attorno a sé una comunità inclusiva e trasversale. In fondo lo abbiamo sempre pensato e oggi è un pensiero ancora più urgente: il teatro è un mezzo per costruire occasioni e luoghi di scambio, intenso, profondo, tra le persone più diverse, fare cultura in senso ampio, creare comunità.
Abbiamo fondato ATIR 25 anni fa. Avevamo 22 anni.
ATIR è stata ed è per tutti noi luogo di formazione, collettiva e personale. Qui siamo cresciuti, cambiati, ci siamo confrontati, abbiamo riso, pianto, litigato. Qualcuno si è perso per strada, altri, molti, nel tempo si sono aggiunti a noi. Una sola cosa non è mai cambiata: sempre tutto è avvenuto all’ombra del grande albero del dialogo, il più profondo di cui siamo stati capaci, che ha permesso a ognuno di dare il proprio insostituibile contributo senza rinunciare all’espressione personale e alla spinta di affermazione dei propri talenti e desideri.
I mesi travagliati e sospesi del lock down sono stati l’occasione per interrogarci a fondo sul nostro gruppo e sulla sua natura. Forse ci hanno preparato a questo grande passo o semplicemente ci hanno fatto sentire di essere pronti e così, quando si è prospettata all’orizzonte la possibilità per Serena di affrontare la sfida della direzione artistica del Carcano, abbiamo sentito, con lei, che fosse la cosa giusta.
Serena resta a tutti gli effetti socia ATIR e in assemblea darà il suo imprescindibile contributo alle riunioni, mentre compito della nuova direzione artistica sarà prima di tutto quello di mettersi in ascolto: delle molteplici voci interne e dei bisogni del territorio e del mondo in cui siamo immersi. Quali progetti, quali spettacoli, eventi, azioni, quali reti e collaborazioni sono necessarie? In che modo rivolgersi al pubblico dopo l’over dose di video call e riunioni in differita alle quali tutti siamo stati sottoposti?
Siamo fortunati, perché Serena ci lascia un’eredità generosa e solida, una grande responsabilità certo, ma anche una enorme ricchezza. Non possiamo dunque iniziare questa emozionante avventura se non con un ringraziamento: cara, carissima Serena, grazie per quanto hai fatto fin qui con noi e per noi. Probabilmente questo passaggio di testimone è ancora una volta un gesto di direzione artistica, in linea con il percorso che insieme abbiamo fatto e che continueremo a fare: rinnovarsi, cambiare, aprirsi sono sintomo di vitalità e maturità, sono l’unica ricetta per la sopravvivenza e la durata, nella quale così tanto crediamo e per la quale sempre ci batteremo».
Arianna Scommegna, Nadia Fulco, Mattia Fabris
programmazione ottobre > dicembre 2021
16 e 17 ottobre 2021 – TEATRO GEROLAMO
BANG BANG… DI COLPO LUI – La storia di Tenco e Dalida
Voce narrante e canto Sandra Zoccolan |pianoforte Mell Morcone | percussioni e batteria Alessio Pacifico
La notte del 27 gennaio 1967 Luigi Tenco fu ritrovato senza vita nella sua camera nella dépendance dell’Hotel Savoy a Sanremo. Un suicidio, apparentemente. Solo poche ore prima aveva presentato – in coppia con la cantante francese Dalida – Ciao amore, ciao al Festival della Canzone ed era stato eliminato.
L’improvvisa scomparsa di Tenco sconvolse l’opinione pubblica, lasciando un segno profondo nella memoria collettiva italiana. Eppure l’inchiesta venne chiusa in tutta fretta. Nelle luci sfavillanti del Casinò di Sanremo, dove all’epoca si svolgeva il Festival, nella celebrazione festosa della musica leggera, e dell’immenso business che essa portava con sé, quella scena di sangue, infatti, proprio non ci sarebbe voluta. E pure Dalida, nel 1987, muore suicida. Negli anni, vengono alla luce buchi e contraddizioni nella versione ufficiale dei fatti.
«Immergersi nella vita e nella morte di questi due artisti è stata un’avventura emotiva intensa. Attraverso le loro parole, le interviste e le canzoni, ho cercato di raccontare la loro umanità, i misteri, i tormenti. Ascoltare le canzoni di Tenco, anche le meno note, significa per me scoprire il pensiero e le idee di un artista profondo e ironico rispetto alla società in cui viveva, e la cui essenza rimane sempre attuale.» Sandra Zoccolan
18 ottobre 2021 – TEATRO MANZONI
(S)LEGATI
di e con Jacopo Maria Bicocchi e Mattia Fabris
L’incredibile storia vera degli alpinisti Joe Simpson e Simon Yates è la storia di un sogno ambizioso: essere i primi al mondo a scalare il Siula Grande, attaccato dalla parete ovest. Ma è anche la storia di un’amicizia, e della corda che, durante quella terribile impresa, lega questi due giovani ragazzi. La corda che mette la vita dell’uno nelle mani dell’altro. Come sempre avviene in montagna. C’è dunque una cima da raggiungere. C’è l’estenuante conquista della vetta. C’è la gioia dell’impresa riuscita. E infine, quando il peggio è passato, e la strada è ormai in discesa, c’è la vita, che fa lo sgambetto e c’è la morte, che strizza l’occhio: un terribile incidente in alta quota. Joe durante una banale manovra si rompe una gamba. Da quel momento in poi, tutto cambia. L’impresa diventa riuscire a tornare vivi: a 5.800 metri, la minima frattura si può trasformare in una condanna a morte, i due ragazzi ne sono consapevoli, ma nonostante le condizioni disperate tentano un’operazione di soccorso. Tutto sembra funzionare finché, proprio quando le difficoltà sembrano superate ecco che c’è un altro imprevisto, questa volta fatale: e c’è allora il gesto, quel gesto che nessun alpinista vorrebbe mai trovarsi obbligato a fare: Simon è costretto a tagliare la corda che lo lega al compagno. Un gesto che separa le loro sorti unite. Che ne (s)lega i destini per sempre.
Quell’atto estremo però, in questo caso miracoloso, salverà la vita a entrambi: tutti e due, riusciranno a tornare vivi al campo base. E a ritrovarsi insperatamente lì dopo 4 giorni.
E’ la storia di un miracolo. Di un’avventura al di là dei limiti umani. Ed è al contempo una metafora: delle relazioni, tutte, e dei legami. La montagna diventa la metafora del momento in cui la relazione è portata al limite estremo, in cui la verità prende forma, ti mette alle strette e ti costringe a “tagliare”, a fare quel gesto che sempre ci appare così violento e terribile, ma che invece, a volte, è l’unico gesto necessario alla vita di entrambe.
Dal 21 al 23 ottobre 2021 – TEATRO OSCAR
POTEVO ESSERE IO
di Renata Ciaravino | con Arianna Scommegna
Uno spettacolo dedicato ai bambini che siamo stati e che non smetteremo mai più di essere, uno spettacolo dedicato a chi è sopravvissuto all’infanzia e della cui sacralità ha saputo ben poco.
Potevo essere io è il racconto di una bambina e un bambino che diventano grandi partendo dallo stesso cortile. Due partenze, stessi presupposti. Ma finali diversi. E in mezzo la vita.
Chi racconta, Arianna Scommegna, è quella bambina: che cerca di capire insieme allo spettatore, cosa sono state queste due storie, perché e come, e se si sono veramente differenziate, o sono state solo due modi di vivere lo stesso sconcerto.
Potevo essere io racconta una storia ma non è uno spettacolo di narrazione pura. Perché in scena ci sono anche quelle persone-personaggi che hanno attraversato la vita dei due protagonisti: un allenatore di kick boxing, una stella emergente del pop croato, un regista di film porno, una merciaia di Casal di Principe, una cartomante del quartiere di Niguarda… “Potevo essere io” racconta tutto questo cercando la lievità, la commedia che irrompe nella tragedia. Un allestimento scarno, le parole, pochi oggetti: il minimo indispensabile per una frontalità assunta, senza mediazioni. Una sola concessione: affianco alle parole ci saranno alcuni video, perché certe immagini evocano e insieme aiutano a non mentire. Non proiezioni a tutto schermo però, ma un accompagnamento intimo, su supporti leggeri. Il bambino che siamo stati è lì sgranato in super 8, mentre guarda distese di finestre dal nono piano di un palazzo senza balconi e una voce dice: “Girati, stiamo girando il filmino. Sorridi!”
Dal 2 al 7 novembre 2021 – TEATRO LEONARDO/MTM
LE ALLEGRE COMARI DI WINDSOR
di William Shakespeare | adattamento Edoardo Erba | regia Serena Sinigaglia | con Annagaia Marchioro, Cristina Parku, Chiara Stoppa, Virginia Zini, Giulia Bertasi (fisarmonica)
La scrittura di Edoardo Erba e la regia di Serena Sinigaglia riadattano, tagliano e montano con ironia Le allegre comari di Windsor, innestando brani, suonati e cantati dal vivo dal Falstaff di Verdi.
In scena solo la signora Page, la signora Ford, la giovane Anne Page e la serva Quickly, che danno parola anche ai personaggi maschili, assenti ma molto presenti: mariti, amanti, e, soprattutto, il più grande, non solo per stazza, Falstaff. Da lui tutto comincia e con lui tutto finisce. Le lettere d’amore che il Cavaliere invia identiche alle signore Page e Ford sono lo stimolo per trasformare il solito barboso e very british pomeriggio di tè in uno scatenato gioco dell’immaginazione, del desiderio, del divertimento. “Punire” quel porco di Falstaff, che osa far loro esplicite richieste d’amore, diventa il grimaldello per sentirsi ancora vive. Senza Falstaff, non ci sarebbe divertimento o sfogo per le signore Page e Ford, che, come le Desperate Housewives, sono donne di mezza età, borghesi, annoiate e un pizzico bigotte, con routine consolidate, mariti assenti e desideri sopiti.
«Per la sua ostentata dissolutezza in Falstaff si possono scorgere dei tratti di Don Giovanni e respirare aria buona di libertà; nella sua evidente “decadenza” si rispecchia quanto di più umano e disarmato si possa concepire», ci racconta la Sinigaglia, che ha voluto in scena anche una fisarmonicista che, oltre a suonare dal vivo le note di Verdi, interpreta Fenton, il grande amore di Anne, «un ruolo “en travesti” – prosegue – come vuole la tradizione shakespeariana (ma al contrario!)».
5 e 6 novembre 2021 – CENTRO ASTERIA
ISABEL GREEN
progetto e regia Serena Sinigaglia | testo Emanuele Aldrovandi | con Maria Pilar Pérez Aspa
Isabel Green, una grande star di Hollywood, ha appena vinto il premio Oscar come “miglior attrice protagonista”. È sul palco del Dolby Theater, con in mano la statuetta che sognava fin da quando era bambina. Dovrebbe essere al massimo della felicità, ma dentro di lei qualcosa non va. Mentre all’esterno cerca di dissimulare fingendo emozione e imbarazzo, dentro di lei un turbine di pensieri la porta lontano, in una dimensione solitaria in cui le riflessioni sulla propria vita si mescolano al tentativo di far fronte alla situazione attuale, in un parossismo tragicomico che la porta a rompere ogni convenzione sui “discorsi d’accettazione” e a mettere in discussione i cardini della sua stessa esistenza.
22 novembre 2021 – TEATRO MANZONI
ALMENO TU NELL’UNIVERSO – omaggio a Mia Martini
di e con Matilde Facheris, Virginia Zini, Sandra Zoccolan | pianoforte e arrangiamenti Mell Morcone
Domenica Rita Adriana Berté, in arte Mia Martini, è una delle voci femminili più belle ed espressive della musica italiana, caratterizzata da una fortissima intensità espressiva: “una voce con il sangue, con la carne”. Tre attrici-cantanti cercano di restituirne la grandezza e la fragilità con un racconto variegato che spazia dalle sue splendide canzoni (dalle più conosciute ai gioielli più nascosti) fino a ricordi personali, racconti e testimonianze dei suoi tanti amici artisti, fra cui la amata e odiata sorella Loredana Berté e naturalmente Ivano Fossati, autore di molte sue canzoni, compagno fondamentale di bellissimi progetti artistici e di una travagliata e profonda storia d’amore.
Mia Martini era un’anima mediterranea, calda, solare ma sembra averla sempre accompagnata uno strano senso di solitudine. Momenti bui e periodi luminosi.
Il rapporto con il padre, l’esperienza del carcere, la terribile nomea di “iettatrice” diffusasi nel mondo dello spettacolo dovuta all’invidia per quella voce così potente, nuova e commovente; ma anche la capacità di riproporsi, di ricominciare da capo, ogni volta, il successo e le collaborazioni con tanti artisti e compagni di viaggio. Un racconto in musica e parole di una delle voci più intense della musica italiana.
Un omaggio. Un ritratto. Un dono.
27 e 28 novembre 2021 – TEATRO CARCANO
ODISSEA. Storia di un ritorno
Ideato e diretto da Serena Sinigaglia | drammaturgia Letizia Russo | in scena 90 partecipanti ai laboratori di teatro sociale e di territorio di ATIR | attore-narratore Mattia Fabris
Co-produzione ATIR – Centro d’Arte Contemporanea Teatro Carcano | in collaborazione con la Scuola di Scenografia dell’Accademia di Belle Arti di Brera
Odissea. Storia di un ritorno è un progetto che nasce da lontano, un lungo viaggio che dal 2019 ci conduce fino ad oggi, all’esito finale di un percorso di costruzione di una comunità: 90 persone saranno in scena per raccontarci, attraverso le parole di un grande classico qual è Odissea, l’avventura di Ulisse e il suo viaggio, simbolo e rappresentazione della condizione umana.
Serena Sinigaglia, con il contributo drammaturgico di Letizia Russo, è la regista di questo evento potente, un progetto che racchiude in sé tutta la poetica di ATIR: il lavoro sulla costruzione di una comunità sodale e partecipe, la trasversalità come cardine di ogni vero incontro, l’arte al servizio delle persone, capace di risvegliare la bellezza nel corpo sociale, la coralità e il confronto con un grande classico che si fa corpo nel tempo attraverso il tempo.
Un evento irripetibile, a Milano per sole 2 repliche.
V. scheda di dettaglio.
Dal 30 novembre al 5 dicembre – TEATRO ELFO PUCCINI
GRATE
di Gianni Biondillo | con Chiara Stoppa | regia Francesco Frongia
Come si può raccontare una metropoli che ha fatto del suo dinamismo una cifra, una missione, dopo che le nostre città si sono svuotate per una pandemia che ci ha obbligati a rimanere chiusi in casa, come fossimo tutti in clausura? Come si può raccontare il vincolo, il limite, il silenzio, il raccoglimento, se non facendoci aiutare da chi lo ha scelto per tutta la vita?
Maria Chiara è una suora di clausura del convento delle clarisse di Milano. Ad un certo punto del suo percorso esistenziale ha compreso quale fosse la sua vocazione: isolarsi dal mondo per stargli più vicino. Decide così di raccontarcelo, anche per smontare i pregiudizi che abbiamo tutti nei confronti di chi ha fatto una scelta così radicale. Ma raccontare la sua vocazione significa anche scoprire le vite e le storie emblematiche di altre due sorelle che in momenti ed epoche diverse hanno fatto la stessa scelta: Chiara Daniela, che arrivò a Milano in piena seconda guerra mondiale per fondare il monastero e Maria Ida, figlia di operai socialisti che fu adolescente durante gli “anni di piombo”.
Racconti che sommati l’uno all’altro ripercorrono la Storia di una città e di un Paese. Perché scegliere la clausura non significa dare le spalle alla città che ti accoglie, ma vederla e comprenderla in modo differente. E se Milano è una città abitata da un popolo in continuo movimento, dove storie antiche e moderne collidono e s’infrangono in un turbine infinito, forse proprio da questo centro immobile la si può osservare in modo davvero nuovo. Fuori da ogni luogo comune, pieni di compassione e speranze.
Dal 2 al 5 dicembre – TEATRO GEROLAMO
ANCHE PER OGGI NON SI MUORE – lo strano caso del Signor G
con Stefano Orlandi | Massimo Betti chitarra | Stefano Fascioli contrabbasso | regia Omar Nedjari
Ideato e proposto da Stefano Orlandi, affiancato (non solo in qualità di musicisti) da Massimo Betti e Stefano Fascioli, con la regia di Omar Nedjari che ha collaborato anche alla drammaturgia, Anche per oggi non si muore racconta una storia unitaria ripercorrendo tutte le tappe principali della produzione gaberiana. Ci siamo immaginati un “Signor G” che, orfano del suo autore (come uno dei 6 personaggi di Pirandello), decida di porre fine a questa sua esistenza di “fantasma”; ma, per uno strano scherzo del destino, dovrà farlo proprio lì dove oltre cinquant’anni prima è nato, ovvero su un palcoscenico e dopo aver riraccontato a un pubblico la sua storia. Si aggira pertanto per i teatri, ovunque si stia tenendo una rappresentazione, con l’intenzione di intromettersi e di portare a termine il proprio proposito. Ma ogni tentativo fallisce miseramente. Questa volta capita in un teatro dove sta per iniziare un concerto di musica contemporanea e finalmente sembra essere la volta buona… Il finale, in perfetto stile gaberiano, ribalta però le prospettive e parafrasando uno spettacolo del 1974 anche questa volta si dovrà dire “anche per oggi non si … muore”.
Al “Signor G” non resterà che uscire dal teatro e ritornare nella strada, perché:
«La strada è l’unica salvezza. C’è solo la voglia, il bisogno di uscire, di esporsi nella strada, nella piazza. Bisogna ritornare nella strada, nella strada per conoscere chi siamo».
27 e 28 novembre 2021 – TEATRO CARCANO
[replica scolastica 26 novembre]
ODISSEA. STORIA DI UN RITORNO
Ideato e diretto da Serena Sinigaglia
Drammaturgia Letizia Russo
Traduzione degli episodi di Odissea a cura di Maddalena Giovannelli, Alice Patrioli e Nicola Fogazzi
In scena 90 partecipanti ai laboratori di teatro sociale e di territorio di ATIR
Attore-narratore Mattia Fabris
Un progetto della compagnia ATIR
Scene a cura di Maria Spazzi
Light designer Alessandro Verazzi
Sound designer Sandra Zoccolan
Progettazione scene e ideazione costumi a cura degli studenti del Biennio di Specializzazione in Scenografia Teatro e Costume per lo Spettacolo dell’Accademia di Belle Arti di Brera
Attrezzeria e realizzazione scene a cura di Marianna Cavallotti e Chiara Modolo
Progettazione costumi a cura di Marilena Montini e Ilaria Strozzi
Conduttori dei laboratori preparatori all’evento Mila Boeri, Giorgio Cassina, Mattia Fabris, Matilde Facheris, Nadia Fulco, Gabriele Genovese, Valentina Ledono, Annagaia Marchioro, Lucia Nicolai, Stefano Orlandi, Flavio Panteghini, Max Pensa, Sara Pezzotta, David Remondini, Arianna Scommegna, Chiara Stoppa, Chiara Tacconi, Federico Timeus e Virginia Zini
Co-produzione ATIR | Centro d’Arte Contemporanea Teatro Carcano
in collaborazione con la Scuola di Scenografia dell’Accademia di Belle Arti di Brera, Cooperativa Sociale Comunità Progetto, Teatro EDI/Barrio’s e Associazione Amici di Edoardo Progetto realizzato con i fondi Otto per mille della Chiesa Valdese
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«Odissea. Storia di un ritorno: un progetto di teatro integrato iniziato prima della pandemia e finalmente in scena oggi. Un sogno che si realizza per ATIR: mettere in connessione tutti i laboratori rivolti alla cittadinanza, dare alla comunità che ci segue da anni quel senso di appartenenza che prima si incarnava così bene nel Teatro Ringhiera. In assenza di una casa fisica occorreva trovarne una “narrativa”, e di conseguenza scenica.
Nove sono i laboratori teatrali che coinvolgono anziani, cittadini comuni, bambini, diversamente abili, educatori e attori professionisti, drag queen e king, adolescenti.
Ogni laboratorio, a partire dalla stagione 2019/2020, ha lavorato su uno o più canti dell’Odissea, tradotti per l’occasione da Maddalena Giovannelli, Alice Patrioli e Nicola Fogazzi: il concilio degli Dei, il ciclope, Calipso, i lotofagi, le sirene, i riconoscimenti, la strage dei pretendenti, il ricongiungimento con Penelope, e un frammento della Telemachia. Ogni gruppo ha lavorato liberamente con i propri conduttori e formatori per quasi due anni per poi andare in scena nel giugno 2021, presentando l’esito del proprio lavoro.
Io e Letizia Russo abbiamo assistito a tutte le rappresentazioni e abbiamo scelto le scene più significative e rilevanti di ciascun gruppo e immaginato come connetterle in un’unica coerente narrazione. Un unico spettacolo che coinvolge sul palcoscenico tutti i gruppi: 90 persone sul palco del Carcano, 90 attori e attrici di ogni età, lì per raccontarci una storia.
Questa storia.
Ulisse è vecchio. Da anni è tornato dalla guerra e dal suo viaggio. Il viaggio più famoso della storia umana: l’Odissea.
Ulisse è vecchio. Ma – Dante insegna – il suo fuoco di conoscenza e di scoperta non si è ancora spento. Il suo corpo non è più atletico e pronto come un tempo, i suoi occhi si sono fatti più liquidi, la sua mente a volte si perde, sfuma i ricordi, confonde realtà e fantasia. Ulisse è vecchio eppure sente risorgere dentro di sé il desiderio di partire di nuovo.
Partire di nuovo. Sarà una buona idea?
Ulisse è vecchio, la sua astuzia proverbiale spera possa essersi trasformata nel tempo in saggezza. Prima di partire di nuovo, dunque, sarà bene ripercorrere quel primo viaggio che ora, dopo tanti anni, ricorda solo a frammenti, in maniera scomposta, quasi caotica. Viaggiare nella memoria per trovare le ragioni e il senso di quella mai sopita spinta al cambiamento.
Così, di canto in canto, di gruppo in gruppo, giunge alla fine. E capisce che il suo nuovo viaggio non potrà più essere quello di un tempo. Non solo per l’età, non solo per le sue gambe stanche, ma perché tutti quei ricordi, tutte quelle persone incontrate e perse, sono ora parte di lui. Ulisse ora sa di non essere più solo.
Il nostro vecchio Ulisse è interpretato da Mattia Fabris, le parole sono quelle che Letizia Russo ha cucito per lui e per legare i diversi frammenti, scene e costumi sono stati ideati e realizzati dagli allievi del biennio di Specializzazione in Scenografia Teatro e Costume per lo Spettacolo dell’Accademia di Belle Arti di Brera coordinati da Maria Spazzi e Claudia Botta.
Una nave greca lentamente si compone di fronte agli occhi degli spettatori, pronta per alzare la vela e affrontare quel viaggio corale che oggi più che mai è necessario desiderare e intraprendere. Verso dove non si sa, l’importante è partire e farlo insieme.»
Serena Sinigaglia
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