Milano, Piccolo Teatro Grassi (Via Rovello, 2 – M1 Cordusio) dal 4 al 14 giugno 2015
Dipartita finale
di Franco Branciaroli, scene Margherita Palli, luci Gigi Saccomandi
regia di Franco Branciaroli
con (in ordine anagrafico) Gianrico Tedeschi, Ugo Pagliai, Franco Branciaroli, Maurizio Donadoni
e con Sebastiano Bottari
produzione CTB Teatro Stabile di Brescia – Teatro de Gli Incamminati
Spettacolo con sovratitoli in inglese
Arriva al Piccolo Teatro Grassi, dal 4 al 14 giugno, Dipartita Finale di Franco Branciaroli, parodia del beckettiano Finale di partita (da lui allestito nel 2006). In scena, un poker di grandi attori: Gianrico Tedeschi, Ugo Pagliai, lo stesso Branciaroli, Maurizio Donadoni, in rigoroso (e ironico) ordine anagrafico. Insieme a loro, anche Sebastiano Bottari.
Lungo il Tevere in un Tempo Spazio indefinito, resti di umanità attendono la Fine. Una fine. È la storia di tre clochard, Pol, Pot e il Supino, che abitano una baracca immaginata come un rifugio antiatomico e sono comicamente alle prese con le questioni ultime e con la morte, nei panni di Totò menagramo che li va a trovare impugnando una falce. Pol dorme sempre, sonnecchia in un letto sfatto e ciò nonostante riesce a farsi obbedire da Pot che non dorme mai e subisce ogni tipo di vessazione perché non ha il coraggio di abbandonarlo. Forse si amano. Il Supino, che crede di essere Eterno, Immortale, parla solo con Pot, bisbigliano. Forse Pot è l’unico che lo capisce. Sono insieme per necessità e per un Destino. Pol e Pot si agitano per cercare una “Fine” desiderata con timore, mentre il Supino immobile pensa e ripensa al senso della sua esistenza.
La fine del mondo si avvicina. Il Supino aspetta il messaggio da un gruppo di “Immortali” che vaga per l’universo alla ricerca di nuovi mondi da soggiogare. Mentre Pol e Pot si preparano alla Fine.
Una storia “lunare”, più che assurda, di quattro avanzi di una futura ed immaginaria società che mette a nudo la speranza, vera forza dell’umano, facendola emergere dalle necessità che la medesima natura impone, da bisogni primari e con una leggerezza tipica delle cose essenziali.
Il fine metafisico, quello di un mondo affossato nell’assenza di valori e che affida la propria longevità alla scienza in assenza di una fede nell’immortalità, è perseguito con strumenti irresistibilmente divertenti.
“È una parodia, un western, un gioco da ubriachi sulla condizione umana dei nostri tempi”, spiega Branciaroli. Il finale, a sorpresa, è lieto per tre quarti.