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“Dolore sotto chiave” – dal 10 al 19 ottobre

Dolore sotto chiave di Eduardo De Filippo; regia di Francesco Sa
 

Piccolo Teatro Studio (via Rivoli 6)
dal 10 al 19 ottobre 2014
Dolore sotto chiave
due atti unici di Eduardo De Filippo
Dolore sotto chiave e Pericolosamente
con un prologo da I pensionati della memoria di Luigi Pirandello
con Tony Laudadio, Luciano Saltarelli, Giampiero Schiano
scene e costumi Lino Fiorito
luci Cesare Accetta
suono Daghi Rondanini
regia Francesco Saponaro
produzione Teatri Uniti – Napoli Teatro Festival Italia in collaborazione con l’Università della Calabria

Pubblicità / tel: +39 3460730605

Una nuova produzione di Teatri Uniti, un dittico realizzato ad arte nel nome di Eduardo De Filippo, che riunisce Dolore sotto chiave e Pericolosamente – al Teatro Studio dal 10 al 19 ottobre – rappresenta il primo momento della triplice presenza della compagnia napoletana nella stagione del Piccolo, a trent’anni dalla scomparsa di Eduardo (seguono Le voci di dentro a novembre e La parola canta ad aprile con i fratelli Servillo).

Con i due atti unici, Francesco Saponaro, regista di lunga consuetudine con la drammaturgia napoletana, da Scarpetta a Moscato, fino al successo internazionale di Chiòve di Pau Mirò e dell’edizione castigliana di Io, l’erede, affronta un Eduardo meno frequentato, impreziosendolo con un’ouverture, adattamento in versi e in lingua napoletana della novella del 1914 di Luigi Pirandello I pensionati della memoria.
In scena tre interpreti dalle sfumature grottesche colorate di umorismo nero, Tony Laudadio, Luciano Saltarelli e Giampiero Schiano. Scene e costumi Lino Fiorito, luci Cesare Accetta, suono Daghi Rondanini.

Dolore sotto chiave nasce come radiodramma nel 1958, andato in onda l’anno successivo con Eduardo e la sorella Titina nel ruolo dei protagonisti, i fratelli Rocco e Lucia Capasso. Viene portato in scena due volte con la regia dell’autore, con Regina Bianchi e Franco Parenti nel 1964 (insieme a Il berretto a sonagli di Luigi Pirandello) per la riapertura del Teatro San Ferdinando di Napoli e nel 1980 (insieme a Gennareniello e Sik-Sik) con Luca De Filippo e Angelica Ippolito.

“Dolore sotto chiave parte da un’intensa ispirazione pirandelliana. Il tema della morte incombe silenzioso e il dolore del lutto viene nascosto e soffocato da un gioco sottile di ricatti e sottintesi: i buoni sentimenti come la carità cristiana, la compassione o la mania borghese della beneficenza diventano armi improprie per dissimulare, negli affetti, quella segreta predisposizione dell’essere umano al controllo e al dominio sull’altro. In casa dei fratelli Capasso, un interno borghese dove una camera della morte ha custodito per undici mesi il simulacro del dolore, Dio e i morti sono presenti fino al punto da essere invocati come vere presenze, giudici supremi del bene e del male. Eduardo riesce a intrecciare diversi registri e generi che si inseguono sul filo del cinismo e dell’ironia. La vicenda si colora di risvolti comici, a tratti paradossali carichi di morbosa e grottesca esasperazione. In Dolore sotto chiave viene evocato un oggetto-simbolo, usato come sottile minaccia di suicidio dal povero Rocco Capasso: la rivoltella, che in Pericolosamente (1938) si materializza e si trasforma in un vero e proprio strumento di tortura coniugale e rimedio alle bizzarrie improvvise di una moglie bisbetica. L’atto unico, dall’apparente fulmineità di uno sketch, grande successo del Teatro Umoristico dei De Filippo, gioca tutto sul classico litigio coniugale. Ogni volta che Dorotea dà sfogo alle sue intemperanze Arturo, per ripristinare l’ordine familiare, impugna la rivoltella caricata a salve e le spara, scatenando la comica reazione di terrore da parte dell’ignaro amico Michele appena rientrato a Napoli da un lungo viaggio di lavoro. Nonostante il testo nasca alla fine degli anni trenta, Eduardo ne potenzia la carica visionaria per sperimentare nuovi linguaggi anche nel cinema. Adatta Pericolosamente e dirige Marcello Mastroianni, Luciano Salce e Virna Lisi ne L’ora di punta, episodio del film Oggi, domani e dopodomani (1965) riuscendo a ottenere uno spiazzamento assolutamente contemporaneo. In pieno boom economico, la febbrile sete di emancipazione femminile può placarsi, ancora una volta, soltanto con uno sparo. Ma è un sparo che si moltiplica all’infinito. L’infallibile metodo di Arturo viene copiato da tutti i mariti: il colpo risuona nelle case dei vicini, nel quartiere, per le strade, tra grattacieli e clacson di una metropoli che deflagra di pistolettate”.

Francesco Saponaro

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