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“Gli innamorati” di Carlo Goldoni

La vicenda si svolge in un asettico elegante ambiente che Goldoni chiama «la stanza commune di una casa piuttosto strana» e in questo spazio l’autore ci regala l’affresco di una società che sembra non rendersi conto di ballare sull’orlo del precipizio. La crisi dell’economia e dei valori morde e l’unica nota positiva, l’unica ricchezza in una società dissestata in un inutile ed affannosa difesa della sua dignità borghese. è rappresentata dal sentimento di due giovani innamorati: Eugenia, appartenente alla nobiltà milanese decaduta e Fulgenzio, rappresentante della ricca classe borghese. È un amore tormentato fra corteggiamento e seduzione, un amore che resiste alle isterie, i dispetti, le scenate di gelosia, gli ammiccamenti subito repressi, gli estri di Eugenia nei confronti del povero Fulgenzio. Sono due esseri immaturi, insicuri, orgogliosi e permalosi che non vogliono accettare il punto di vista dell’altro considerandolo un atto di sottomissione e di umiliazione della propria dignità. La commedia potrebbe essere chiamata in termini psicoanalitici “la nevrosi dell’amore”. Oltre ai due innamorati c’è lo zio di lei, il signor Fabrizio, un eccentrico squattrinato megalomane che ricorda l’Avaro di Molière (si pensi alla sua mira di maritare la nipote senza dote). Il personaggio risulta divertente e grottesco, tanto più che si tratta di un vecchio gentiluomo che arriva ad impegnare le ultime posate rimaste per imbandire un pranzo a tutti quelli che possono essere utili alla causa (maritar la nipote). La storia è eugeniacentrica ma tutti gli altri personaggi (Roberto, Clorinda, Lisetta, Ridolfo, Flamminia, Succianespole) sono protagonisti con le loro reazioni di fronte al sentimento unico ed immortale dell’amore.

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L’opera, divertente e romantica è ricca di situazioni comiche e di variegati approfondimenti psicologici. I dialoghi, ricchi di sfumature, sono un minuzioso gioco sulla corda dell’amore e della gelosia.

È bravissima la scatenata Marina Rocco (Eugenia) che riesce ad essere, a un tempo, simpatica e insopportabile. Ottima l’interpretazione di Matteo De Blasio (Fulgenzio) i cui scatti di orgoglio e la cui pazienza gli attirano la simpatia e la solidarietà di tutti i maschietti in sala. Perfetto Umberto Petranca nei panni del vanesio zio Fabrizio maestro di comicissima arte elogiastica. Meritano una menzione tutti gli altri attori perfetti nei rispettivi ruoli: Roberto Laureri (Roberto e Tognino), Elena Lietti (Clorinda e Lisetta), Alberto Mancioppi (Ridolfo), Silvia Giulia Mendola (Flamminia) e Andrea Soffiantini (Succianespole).

Andrèe Ruth Shammah fa girare alla perfezione il meccanismo drammaturgico nelle sue varie declinazioni: la recitazione, la mimica, i ritmi e i gesti degli attori, le scene e i costumi di Gian Maurizio Fercioni, le musiche di Michele Tadini, il servizio luci di Gigi Saccomandi.

Meritatissimi i lunghi calorosi applausi.

teatrionline.com

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