La bellezza dei brutti non è di primo approccio, va studiata e poi capita. Nel teatro l’unicità della bruttezza è ancora un valore di tutto rispetto
Il Teatro e la bellezza dei brutti: Chi è che decide cos’è brutto e cos’è bello? Chi può permettersi di giudicare il valore totale di un essere umano o di un oggetto?
Sinceramente vado in difficoltà quando mi trovo a discutere di questo argomento.
La mia visione di bellezza e di bruttezza è diversa dagli stereotipi che mi si offrono quotidianamente.
Social media e tv, più o meno private, mi spiattellano in faccia modelli di bellezza che di aspetto, contegno e comportamento hanno assai poco a che fare con la realtà.
Fortunatamente ho il mio rifugio vitale, il teatro.
Nel teatro l’unicità della bruttezza è ancora un valore di tutto rispetto mentre la bellezza è sempre riconosciuta come una promessa, spesso non viene mantenuta.
La bellezza dei brutti è proprio questa, dura e non accetta compromessi. Nella nostra super società multi veloce l’essere brutti è divenuto un tabù.
Al brutto viene rimproverata la mancanza di la mancanza di attrattiva, oppure caratteristiche fisiche esteticamente sfavorevoli.
Il fatto è che bisogna saper essere brutti, non è da tutti. La bellezza dei brutti non è di primo approccio, va studiata e poi capita.
La bellezza dei brutti è per pochi. In teatro, dove è ancora importante respirare lentamente e profondamente, la bellezza dei brutti la puoi gustare con tutti i sensi.
La incontri, la gusti, la apprezzi e la desideri; non la deridi o sciupi come faresti in un contesto di social vita, dove milioni di giudizi estetici condannano una persona al fallimento, senza nemmeno valutare la capacità intellettiva del soggetto in questione.
Se tutti noi rallentassimo i nostri ritmi e riuscissimo a saper dare al nostro respiro il ritmo che merita, sapremmo apprezzare meglio ciò che ci troviamo davanti.
Sapremmo sicuramente dare un valore più profondo e ricercato alla vita senza dover per forza sparare a caso su ciò che è bello o brutto.