TEATRO BINARIO 7
LA PALESTRA DELLA FELICITÀ
di Valentina Diana
regia Elena Russo Arman
con Elena Russo Arman e Cristian Giammarini
musiche Alessandra Novaga
luci Nando Frigerio
suono Luca De Marinis
scene e costumi Elena Russo Arman
voce di Dio Luigi Valentini
voci delle caffettiere Alessandra Novaga e Valentina Diana
realizzazione caffettiere Giuseppe Marzoli e Nando Frigerio
produzione Teatro dell’Elfo
presso
TEATRO BINARIO 7
via Filippo Turati, 8| Monza (MB)
Dopo il successo di Road Movie, la stagione di prosa Teatro+Tempo Presente prosegue al Teatro Binario 7 di Monza con un’altra produzione dell’Elfo. In scena sabato 9 e domenica 10 aprile La palestra della felicità, un progetto in cui regia, drammaturgia e interpretazione si sono nutriti l’uno dell’altro dando vita a uno spettacolo spiazzante e divertente nei linguaggi scenici come nei contenuti. Elena Russo Arman, che lo ha ideato, ha coinvolto per la drammaturgia Valentina Diana, autrice teatrale e scrittrice, e l’attore Cristian Giammarini in un continuo scambio di impressioni, suggestioni e visioni per far luce sul vero motore del conflitto umano: un disperato bisogno di felicità.
Punti di forza de La Palestra della felicità sono dunque la scrittura originale, dotata di ritmo, teatralità, graffiante ironia, e l’affiatamento dei due interpreti che da anni lavorano fianco a fianco sui palcoscenici dell’Elfo.
La palestra della felicità è il luogo nel quale si manifesta, in molteplici forme umane, la pulsione vitale, che è rabbia, violenza e desiderio di sopraffazione.
Elena Russo Arman e Cristian Giammarini, due attori che interpretano A e B, i protagonisti volutamente bidimensionali di questa storia, sono condannati, sia da attori che da personaggi, a reiterare un rituale di violenza e autodistruzione che li porterà ad annientarsi, uccidersi e rinascere come in un videogame, attraverso continue metamorfosi, trasformandosi ora in vittime, ora in carnefici, sempre più insensibili e indifferenti ai bisogni dell’altro.
I due interpreti si moltiplicano in scena, giocano, simulano infinite varianti di conflitto, portando in scena gli archetipi della vita di ogni giorno: la madre persecutrice, il figlio vittima/eroe romantico, la coppia di fidanzati/amanti crudeli e inappagati, due attori alla ricerca di un finale che non può mai arrivare, in un flusso continuo di situazioni grottesche, paradossali ed esilaranti nelle quali è difficile non identificarsi almeno un po’ e ridere, perché no, anche di sé.
La palestra della felicità diventa così un buon osservatorio ironico sul vuoto incolmabile, ad un tempo dolente ed eroico, dell’umana esistenza.