Un mese fa, il 10 gennaio, è morto uno dei più importanti registi italiani: Francesco Rosi che annovera, fra le sue opere La tregua, trasposizione cinematografica dell’omonimo romanzo di Primo Levi grazie al quale, l’autore torinese, vinse il Premio Campiello nel 1963.
Il film, presentato in concorso al 50esimo Festival di Cannes, racconta del lungo viaggio da Auschwitz all’Italia di un gruppo di italiani, fra i quali Primo Levi, scampati all’orrore dei campi di concentramento iniziato il 27 gennaio 1945 e terminato a Torino il 19 ottobre dello stesso anno.
Il viaggio che porterà il protagonista, finalmente, a casa si snoda attraverso l’Europa Centrale ed è ricco di imprevisti che costringe Primo ed i suoi compagni di viaggio a percorrere molti chilometri a piedi e ad utilizzare mezzi di fortuna.
John Turturro è un Primo Levi silenzioso ed incredulo di fronte ad una delle più grandi tragedie della storia dell’uomo; accanto all’attore americano recitano degli italiani, fra i quali Massimo Ghini, Andy Luotto e Claudio Bisio che ho trovato spesso fuori luogo e, a mio parere, non in grado di interpretare il ruolo di persone che hanno vissuto un’esperienza così forte come quella del campo di concentramento.
Al film assegno 3 stelle su 5: la storia è nota ma, pur amando molto le opere di Rosi, ho trovato che La tregua sia un film lento e, a tratti, dispersivo; ho apprezzato la recitazione di Turturro meno quella di alcuni attori fra i quali Massimo Ghini che, interpretando il romano Cesare, sembra fare il verso ad un Alberto Sordi dei tempi d’oro.