Driss è un giovane di origini africane, perdigiorno e burlone. Da poco uscito dal carcere, si trova alle prese con una famiglia difficile e la necessità di sbarcare il lunario.
Inaspettatamente, viene assunto da Philippe, tetraplegico facoltoso, perché si prenda cura di lui. Superate le prime diffidenze, tra i due s’instaura un rapporto affettuoso e complice: quasi un’amicizia. “Quasi” perché entrambi sanno che non potranno continuare a coltivare un rapporto nato come contratto di lavoro (per di più tra un ricco della borghesia francese e un immigrato non ancora integrato): eppure – è questo il messaggio – se persone che sembrano non avere niente in comune possono incontrarsi e abbattere qualche pregiudizio, significa che il dialogo è possibile (e quindi il rispetto tra etnie, fedi e identità diverse non è un’utopia).
Va da sé che mettere in scena questo “incontro” è complicato: il rischio dei sentimenti a buon mercato è dietro l’angolo. Nakashe e Toledano riescono con umorismo a sventarlo, senza paura di affrontare il problema dell’handicap a colpi di risata e senza mai risultare offensivi, dando vita a una commedia da vedere per diversi motivi. Primo, perché mostra come, anche in una nazione come la Francia, che con la prospettiva della società multietnica ha cominciato a fare i conti molto prima di noi, persistano disuguaglianze e ingiustizie, e come la questione del lavoro ne sia la cartina al tornasole. Secondo, perché mette in evidenza come per non diffidare del prossimo bisogna conoscerlo, e per farlo è necessario disporsi all’ascolto. Infine, perché in tempi tristi ridere – o sorridere – può essere un modo per guardare a noi stessi e al mondo con un po’ di leggerezza.
Luca Peloso